Fiabe di mortelle, ranocchi, orse e serpenti.
Indagine psicoanalitica sulle metamorfosi femminili/maschili
L’attante fiabesco agente delle metamorfosi è femminile, sia che l’incantesimo riguardi il corpo di un attante maschile, sia di un corpo di un attante femminile. L’incantesimo negativo, la maledizione che condanna l’attante a una forma animale è agito da una creatura magica, fata o strega. L’annullamento della maledizione è opera di un attante femminile umano, spesso soccorso da aiutanti magici; nel processo deve comunque intervenire un attante maschile, il protagonista stesso o una figura paterna.
All’umanizzazione dell’attante seguono sempre le nozze regali. Il finale felice, che superficialmente sembra una realizzazione semplicistica e infantile, rappresenta il difficile conseguimento dell’autonomia – ascesa al trono – unitamente alla stabilizzazione della relazione col diverso – unione feconda.
Indipendentemente dalle forme particolari non umane nelle quali si presenta dall’inizio della storia l’attante incantata/o – rana o ranocchio, maiale, cinghiale, orsa, asino, creatura divina – questa non umanità può essere intesa come espressione della assenza della rappresentazione della differenza di genere. La fiaba narra di questa mancanza come rigetto/coartazione di una figura femminile.
Si racconteranno due sogni che presentano una metamorfosi decisiva per il riconoscimento dell’esistenza del genere femminile, come se fino a quel punto fosse stata assente dalla realtà psichica.
Adalinda Gasparini
Modena, 26 marzo 2014