A cura di Simonetta Silvestri Raggi

  Filosofia dello sport: storia e metafisica in occidente

Si dice che la filosofia non si sia mai interessata allo sport e che le ragioni del mancato interesse dei filosofi per tale soggetto vadano cercate nell’ambito di tradizioni culturali che hanno da sempre letto la pratica sportiva come un fenomeno non degno di un’autentica riflessione filosofica.
È infatti solo a partire dal 1960 che sorgono i primi studi che tentano di indagare il ruolo dello sport all’interno della vita umana.

Paul Weiss, tra i primi a sondare la questione, dichiara nel suo saggio “Sport: un’inchiesta filosofica”:
“Lo sport non interessa solo i giovani; interessa quasi tutti. Il fatto costringe a una riflessione. Perché tante persone sono così profondamente coinvolte sul piano emotivo dagli eventi atletici? Esprimono solo una qualche abitudine culturale, acquisita accidentalmente, di ammirazione per un successo esplosivo? Sono realmente interessate alla perfezione? Forse tale interesse dà loro un particolare tipo di piacere? Queste domande hanno un’importanza filosofica, trattando come fanno – e come vedremo – ciò che è più vicino al nucleo dell’uomo, ciò che cerca e ciò che fa. Eppure i filosofi, di regola, non hanno esaminato attentamente l’argomento. Hanno trascurato lo sport…”

Weiss non era né un esperto né un praticante dello sport ma l’importanza dei suoi studi e della sua precedente produzione filosofica convinse il mondo accademico a prendere in esame la questione, aprendo così la strada ad una più attenta riflessione.
Presto si formò l’Associazione Internazionale per la Filosofia dello Sport; nel 1974 uscì il primo numero della rivista Filosofia dello sport a cui seguirono una serie di pubblicazioni, se non vere e proprie antologie sull’argomento.

La crescita nel settore è poi aumentata negli ultimi anni con crescente interesse e contributi da parte di studiosi provenienti sia dal Nord America che dall’Europa. Se si restringe il campo al territorio italiano, sono certamente da segnalare gli apporti di Emanuele Isidori, Luca Gasbarro, Giuseppe Sorgi e Fabrizio Ravaglioli.

Tuttavia, se si scorre indietro nel tempo, possiamo rintracciare dati interessanti già nel corso IV secolo A.C..
In Grecia, ad esempio, appena fuori di Corinto un giovane filosofo di nome Platone gareggiava nel wrestling ai Giochi Isthmiani.
L’antica Grecia è riconosciuta in Occidente come la culla sia della filosofia che dello sport in stile olimpico; Platone potrebbe quindi essere concettualmente considerato come il primo atleta-filosofo, proprio alla luce della dimensione agonale che caratterizzava la cultura e la civiltà ellenica. Il termine (agon) indica infatti la disputa, la competizione da affrontare ogni giorno per migliorare sé stessi attraverso il confronto con l’altro. Nel dialogo filosofico Platone riconosce questa pratica all’interno dei momenti di lotta e di strategia dialettica miranti ad affermare la veridicità di un concetto. Lotta e filosofia sono per Platone i fondamenti principali di un’educazione che deve necessariamente mirare al miglioramento di sé stessi. Secondo questa prospettiva il desiderio di essere nobilmente virtuosi appartiene dunque sia alla filosofia che allo sport.

La filosofia dello sport è oggi il risultato dello sviluppo di una ricerca aperta. Una scienza configuratasi in tempi relativamente recenti e per questa ragione dischiusa a molteplici campi e prospettive. Tuttavia le tematiche principali su cui si concentra la riflessione contemporanea possono essere individuate in tre principali categorie: Metafisica, Politica ed Etica.

Il filosofo Drew Hyland nel testo “Filosofia dello sport” (1990), analizza le tre diverse posizioni filosofiche sul tema: dualismo, fisicalismo e fenomenologia.

Il dualismo – ovvero l’idea che vi sia una separazione tra corpo e mente – è stato il punto di vista dominante della filosofia occidentale, ma gli appassionati di sport hanno rifiutato la sua tendenza a privilegiare la mente sul corpo che indurrebbe a denigrare la disciplina sportiva.
Il fisicalismo – che considera scientificamente il corpo ed ogni sua prestazione – aveva più attrattiva ma tendeva a considerare l’essere umano quasi come una macchina.
La fenomenologia – che si concentra invece sull’esperienza del corpo vissuto – vede l’individuo come unità di mente e corpo dove l’una non prevale sull’altro.

Quest’ultimo è l’approccio preferito di Hyland e ad oggi la teoria più popolare nel campo della filosofia dello sport. Gli antichi lo avevano già capito: il saggio non trascura l’attività fisica, giacché un corpo ben allenato fa stare meglio e pensare meglio.

La filosofia metafisica, che indaga sulla natura delle cose, si pone inoltre un’importante domanda di natura ontologica: che cos’è lo sport in sé?
Non si è tuttavia raggiunta una risposta filosoficamente certa o univoca non esistendo allo stato attuale una definizione di sport universalmente accettata. Ciò che è comune tra le discussioni metafisiche sullo sport è il suo rapporto con il gioco e il suo rapportarsi ad una natura sociale.

Sport e gioco

In assenza di una denominazione ontologica, lo sport viene normalmente associato al concetto di gioco.
Johan Huizinga in “Homo ludens”, all’interno di un passaggio riportato dal filosofo Emanuele Isidori, sostiene come il giocare sia “un’attività libera consapevolmente praticata fuori dalla vita ordinaria come qualcosa di non serio, ma che al tempo stesso coinvolge il giocatore intensamente e profondamente. Si tratta di un’attività non connessa con alcun interesse materiale, e nessun profitto può essere acquisito da essa. Esso procede entro i propri confini appropriandosi del tempo e dello spazio seguendo regole fisse e in modo ordinato”.
Huizinga dichiara in questo modo che il gioco è un elemento soggettivo non circoscrivibile ad entità oggettiva.
[…] la cultura sorge in forma ludica, la cultura è dapprima giocata. Nei giochi e con i giochi la vita sociale si riveste di forme sopra-biologiche che le conferiscono maggior valore. Con quei giochi la collettività esprime la sua interpretazione della vita e del mondo. Dunque ciò non significa che il gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura nelle sue fasi originarie, porta il carattere di un gioco. (Huizinga, Homo Ludens, Il Saggiatore, 1972)

Huizinga parte dall’idea che il gioco possa far emergere la capacità dell’uomo ad abbandonarsi ad “un altro mondo”, oltrepassando i limiti della mera funzione biologica. Il gioco è così considerato a tutti gli effetti un elemento istintuale che, senza avere alcuna caratteristica di sussistenza o sopravvivenza, si colloca all’interno di una sfera spirituale: l’altra dimensione necessaria all’uomo. Secondo l’autore, nello stesso regno animale il gioco è espressione di un oltrepassamento della mera esistenza fisica per diventare, nell’uomo, un elemento di ricerca spirituale e culturale.

Finalità dello sport

L’atleta-filosofo sa che lo sport non costituisce un obiettivo in sé perché il suo fine è rappresentato dalla persona e dai suoi principi.
È infatti solo attraverso la conoscenza di sé che l’atleta può individuare i problemi etici per trovare soluzioni e affrontare efficacemente le sfide personali.

La filosofia dello sport richiede che vi sia questa chiarezza che investe la persona: in tal modo è possibile pensare allo sport come ad un valore collettivo che ha cura e rispetto di sé, degli altri e del mondo.

Seguendo questa traccia, Emanuele Isidori afferma: “Il “bene” dello sport e la sua straordinaria portata sociale non sta dunque in sé stesso ma nella finalità educativa che intende perseguire e negli obiettivi educativi che, nell’ambito di questa finalità, può conseguire. Lo sport è uno strumento che l’educazione può utilizzare per perseguire i suoi scopi ed i suoi obiettivi educativi. Senza questo uso funzionale all’educativo, lo sport non potrebbe essere né un valore né un bene per l’umanità e la società. In termini di filosofia dell’educazione si potrebbe dire che lo sport di per sé stesso “insegna” ma non “educa”; può sviluppare competenze, attitudini, comportamenti, convinzioni ed abilità (che possono anche essere eticamente e moralmente discutibili o inaccettabili) nei soggetti che lo praticano, ma non trasmettere valori. Visto in questa luce, lo sport rileva la sua “subalternità” rispetto all’educazione, in quanto è quest’ultima a dare sempre il valore e la configurazione di “bene” per l’uomo e per la donna a questa pratica. Lo sport, quindi, rappresenta, come altri dispositivi sociali, uno strumento che l’educazione ha a disposizione per il conseguimento del bene comune. “ In una recente intervista, il filosofo dello sport Luca Gasbarro interviene ponendo la propria attenzione su alcuni aspetti socio-culturali legati alla fare sportivo.

Sport come fatto culturale

“Pensare una filosofia dello sport ha posto tale fenomeno quale laboratorio di ricerca. Lo sport è diventato un fatto culturale. La multidisciplinarità ha consentito di considerare di pari dignità scientifica le varie prospettive (filosofica, storica, giuridica, economica, sociologica, comunicativa) per mezzo delle quali lo sport può essere indagato, svelandone una fertilità scientifica fino a qualche tempo fa poco considerata.”

Sport etica e politica

“Lo sport è un universo sociale complesso e tra i suoi fini più significativi può esserci il semplice alimentare una passione comune che può trasformarsi in una grande forma di partecipazione civile. In tal caso può risultare interessante mettere in relazione lo sport con temi come la democrazia, la partecipazione, la sussidiarietà. In altri termini, recuperare l’idea che mediante lo sport si possano coltivare alcune virtù, quanto mai necessarie non solo per ottenere risultati positivi in campo con gli atleti ma per avere dei «buoni» cittadini fuori dal campo. “

La filosofia dello sport può aiutare a capire un mondo dello sport che si fa sempre più complesso?
“Penso che sia uno dei compiti da perseguire per chi si occupa di filosofia dello sport. Il tentativo di delineare con metodo un percorso filosofico sullo sport può rappresentare un modo per arginare una certa confusione, che è fonte di incomprensioni e di fraintendimenti. Avere più chiari i termini del discorso, aiuterebbe nello sforzo di riuscire a dialogare in una lingua comune e, conseguentemente, mediante tale fertile scambio di opinioni, arrivare meglio a capire cosa c’è alla base di taluni fenomeni. Il filosofo è alla continua ricerca, un continuo «navigare» in senso platonico, dell’essenza delle questioni, in questo caso ci si riferisce ad un fenomeno come quello sportivo, che affascina milioni di persone.”

L’etica nello sport e il ruolo della donna in ambito sportivo

Trattando l’etica nello sport non può passare inosservato il percorso non sempre facile delle donne all’interno di questa pratica. Lo sport infatti non è sempre stato aperto a tutti.
La “Carta dei principi dello sport per tutti”, redatta nel dicembre del 2002, recita nel suo primo articolo: “Praticare lo sport è un diritto dei cittadini di tutte le età e categorie sociali”. Gran parte della storia antica e moderna ha però visto la donna esclusa dall’attività fisica. Se è vero che sono stati fatti grandi passi in avanti in termini di mentalità e rispetto dei diritti allo sport, il percorso è ancora lungo sul piano del pieno raggiungimento della parità dei sessi.

Sentiamo le voci di alcune donne:
Lo sport è stato per gran parte della storia, considerato sinonimo di potere, sacrario dell’eccellenza. Le donne, per potervi accedere, dovevano rinunciare a qualcosa, la femminilità, o guadagnare mascolinità”. Michela Moioli

“Possiamo riprendere il concetto derivante dalla psicoanalisi del complesso di Diana: con questa definizione si definisce la tendenza a ostentare mascolinità. Diana era una dea romana che personificava l’amazzone, la donna guerriera. Era vergine, si opponeva al matrimonio, preferendo dedicarsi alla caccia. La psicoanalisi vede in lei il simbolo della donna narcisista che tramuta i propri desideri in aggressività.

Fare sport era visto come un tentativo nevrotico di una compensazione maschile. Una donna che non era in grado di realizzarsi psicologicamente nella maternità, intraprendeva una carriera sportiva nel tentativo di trovare una via alternativa. La femminilità era vista come rimozione di ogni aggressività e rinuncia ad ogni desiderio o pretesa di affermazione personale.

Lo stereotipo, o pregiudizio, nello sport agisce in due modi. Porta alla conformità e quindi la donna, per essere pienamente “normale”, non può essere o aspirare a ricoprire ruoli per cui servono doti che non ha. Oppure porta alla devianza. la donna attiva, intraprendente, muscolosa, decisa ed autonoma non è più desiderabile, in quanto si avvicina troppo all’uomo ed è considerata “anormale” (Adriana Lombardi, 2013).

Alcuni stereotipi non sono stati ancora superati del tutto. “Spesso, dopo gli incontri, i giornalisti mi chiedevano se ci davamo i pugni davvero o se recitavamo” (Stefania Bianchini, pluricampionessa del mondo di kick boxing, 2013).

“Molto sta cambiando, compreso un apprezzamento diverso nei riguardi di un fisico femminile muscoloso e curato nei particolari.
Ora la donna è libera di esprimere, nello sport, la sua aggressività senza la paura di perdere l’amore e l’appoggio. Prima si vedeva il genere femminile come surrogato maschile con mancanze rispetto all’uomo. Ora esiste una luce dedicata alle donne, che illumina le loro caratteristiche uniche, evidenzia e rispetta le differenze con l’uomo.” (Adriana Lombardi, 2013)

“Le differenze tra l’uomo e la donna non possono essere negate, ma solo esaltate. Siamo due mondi diversi, ma decisamente uniti. Uomo e donna hanno le stesse potenzialità nel raggiungere i propri obiettivi, magari con competenze e risorse diverse, superando limiti diversi, affrontando strade diverse.
Lo sport è una palestra di vita. Come per l’uomo, lo è anche per la donna. Nel mondo in generale, e in Italia in particolare, non si sono del tutto superate alcune difficoltà per le donne. Nello sport le atlete possono allenarsi alla vita, per raggiungere le mete prefissate facendo conto sulle proprie risorse, sul proprio impegno, sulla propria motivazione e sull’appoggio di familiari, allenatore ed amici.

Perché, in fondo, un po’ di femminilità fa bene anche allo sport.” (Adriana Lombardi, 2013)

Sia la ricerca filosofica che ha portato nuova luce su quello che è il senso più profondo della pratica sportiva, che le battaglie delle donne per essere riconosciute aventi lo stesso diritto degli uomini di partecipare alla vita sportiva, hanno arricchito la società contemporanea di una importante consapevolezza che tocca numerosi punti del nostro vivere collettivo e individuale. E’ indubbio ad esempio che oggi vi sia molta più attenzione alla cura del corpo e che sempre più persone, uomini e donne, al di là della questione agonistica, si dedichino ad attività sportive indirizzate al miglioramento fisico e orientate alla produzione di una differente modalità di condivisione collettiva: tali comportamenti sono alla base di una diversa ricerca introspettiva e al contempo della fioritura di nuove regole relazionali.Certamente è necessario porre attenzione ad alcuni eccessi performativi che confondono la cura di sé con l’imperativo ad essere ad ogni costo prestanti. Solo una corretta educazione può intervenire al fine di correggere tali inclinazioni.

UNA PANORAMICA DELLA FILOSOFIA DELLO SPORT A TAIWAN E CINA

Dopo aver tracciato per sommi capi alcuni dei temi principali legati alla Filosofia dello sport, facciamo ora un breve excursus su come tale disciplina sia entrata nel tempo a far parte della riflessione culturale in Cina e a Taiwan.

La filosofia cinese differisce dalla filosofia occidentale in più di un modo. Le famose domande del “perché” della filosofia occidentale e il libero pensiero non sono mai appartenute alla filosofia cinese. L’accettazione della realtà era la regola e Confucio è noto essere la fonte di questa filosofia. Tuttavia il ventesimo secolo ha portato cambiamenti nel pensiero generale e anche nel modo in cui gli sport venivano precedentemente percepiti. Tra le ragioni principali alla base di tali cambiamenti sono certamente da annoverare l’apertura ad ovest e il progressivo miglioramento della situazione economica per larga parte della popolazione. Ciò ha portato a una ricerca nel campo della filosofia dello sport a livello accademico sia a Taiwan che in Cina.

Riporto di seguito alcuni passaggi, personalmente tradotti, estratti dalla ricerca di Li-Hong Hsu, professore associato presso la Da-Yeh University (Taiwan centrale) nonché́ fondatore degli studi olimpici e multiculturali internazionali in Taiwan.

Sviluppo della filosofia sportiva a Taiwan: un caso esemplare

La filosofia dello sport è una disciplina importante per la ricerca scientifica sportiva perché è legata allo sviluppo di approcci scientifici e porta una prospettiva critica nell’ambito dell’analisi di problemi e fenomeni insiti all’interno di una società sportiva.
A Taiwan la scienza dello sport è stata negli ultimi decenni un’attività principalmente diretta a promuovere le prestazioni degli atleti d’élite. La società, tuttavia, ora non è solo interessata alla scienza sportiva competitiva ma anche agli sport per il tempo libero, la ricreazione e la gestione della salute.

Ciò deriva dal fatto che la società taiwanese non solo si è progressivamente arricchita, ma le persone hanno più tempo libero e stanno iniziando a comprendere l’importanza di usare questo tempo per dedicarsi ad attività maggiormente significative.
Sempre più persone sono quindi interessate ad una qualità della vita che esuli dal contesto meramente professionale e sono sempre più coinvolte dalle pratiche sportive. Per coloro che studiano sport diventa quindi sempre più indispensabile studiare in parallelo anche la filosofia dello sport,
poiché tale pratica aumenta la consapevolezza del lato umanistico delle attività svolte evitando di conseguenza un approccio “puramente tecnico”. Tale approccio multidisciplinare tende infatti a migliorare il pensiero critico individuale sullo sport e può aiutare a creare politiche sportive migliori per il governo.

Tuttavia, al momento attuale, il valore della filosofia sportiva non è ancora ampiamente compreso o accettato. L’autore incontra spesso due domande: “Cos’è la filosofia sportiva?” “Perché è così importante?”Queste sono in tutto simili alle domande già poste sulla filosofia generale: “Cos’è la filosofia?” “Perché studiare la filosofia è utile?”
Finora non esiste molta letteratura disponibile in cinese ed è necessario incoraggiare studiosi e studenti a
concentrarsi su questo campo. In generale, lo sviluppo della ricerca sulla filosofia sportiva a Taiwan può essere classificato in quattro periodi. Il primo periodo inizia negli anni precedenti al 1976. Il secondo periodo va dal 1976 al 1987. Il terzo periodo si sviluppa dal 1988 a 2003 e il quarto periodo vede la propria fase a partire dal 2004 estendendosi sino ad oggi.

Durante il primo periodo la filosofia sportiva si limitava ad affrontare i principi dell’educazione fisica. Il principale contributo è stato del Dott. Jiang, Liang-Gwei) che nel 1965 ha dato alle stampe un saggio intitolato “On New Perspective”.
Il testo è costruito partendo dal punto di vista espresso dalla filosofia dell’educazione e contiene una significativa introduzione generale alla scienza dello sport.

La seconda fase di studi ha preso le mosse da un’iniziativa da un erudito giapponese, il Prof. I-Hsiung Hsu, che ha coinvolto alcuni dei suoi studenti per tradurre alcuni saggi tratti da un importante libro di Gerber e Morgan “Sport and the Body: A Philosophical Symposium” (1972).
Per la prima volta gli studenti di Taiwan hanno qui incontrato il pensiero occidentale sviluppatosi intorno alla filosofia dello sport e i suoi metodi di ricerca.

Il terzo periodo vede la luce dopo il rientro dagli Stati Uniti da parte del professor I-Min Liu. Al suo ritorno a Taiwan il professore ha intrapreso il proprio insegnamento al National Taiwan Normal Università divulgando e introducendo i propri studi sviluppati e approfonditi durante il proprio soggiorno americano: già nel 2003 più di 40 studiosi hanno così ricevuto i loro master in filosofia dello sport.

Sotto la sua supervisione almeno 5 dottorandi hanno conseguito il dottorato. Questo periodo è classificato come il vero e proprio periodo della “Filosofia dello sport”.
Il quarto ciclo, che come abbiamo visto vede la propria alba a partire dal 2004 giungendo sino ai nostri giorni, ha come protagonisti sei promettenti giovani studiosi che hanno aderito al “Viaggio della gioia e della saggezza”, seguendo le orme pionieristiche del Prof. I-Hsiung Hsu e del Prof. I-Min Liu.

Grazie a loro ogni istituto offre oggi corsi di filosofia dello sport (inclusa la cultura del corpo, lo studio della letteratura sportiva e dell’etica dello sport). Dal 2004 in poi, ideate dal Prof. I-Min Liu con il supporto del Prof. I- Hsiung Hsu, sono state tenute sei conferenze annuali sulla filosofia dello sport in luoghi diversi e con temi differenti. Ciascun intervento è oggi altrettanto documentabile grazie alla pubblicazione dei relativi atti.

Dal 1980 al 1999 sono stati inoltre pubblicati a Taiwan almeno 63 saggi (tra articoli e tesi) di filosofia sportiva. Analisi dei temi: Natura del gioco, giochi e sport– Essenza di gioco, giochi e sport– Esperienza fisica e corporea– Etica dello sport– Sportività– Sport e genere – Sport ed estetica– Sport e filosofia politica sociale Metodologia– Riflessione sulla disciplina– Sport e filosofia orientale

Sulla base di questi 63 documenti, possono essere classificati i seguenti metodi di ricerca basati su diversi approcci filosofici: esistenzialismo, fenomeni esistenziali, fenomenologia, strutturalismo, razionalismo critico, postmodernismo, ermeneutica, articoli di letteratura e un’inchiesta filosofica di base.

Il lavoro del Prof. Liu I-Min ha su tutti un ruolo da protagonista: la sua tesi di laurea “Uno studio comparativo critico di Homo Ludens di Johan Huizinga “Man, Play and Games” così come i suoi saggi dal titolo “Ricerca filosofica sportiva: gioco, sport e vita ” (運動 哲學 研究) sono assai rappresentativi.
Segnaliamo anche l’importante lavoro di I-Hsiung Hsu, pioniere a Taiwan della filosofia dello sport, che prima del suo ritiro ha svolto il proprio ruolo di docente presso la National Taiwan Normal University.

Implementando approcci filosofici, il suo contributo principale era diretto a opere per educatori sportivi come “Educazione sportiva e umanesimo” nel 1998. Inoltre, ha diretto il primoRapporto di educazione fisica per il governo di Taiwan nel 1997.Nel 2000 è stato scelto per essere il più alto funzionario governativo per il PE eSport a Taiwan. Come accennato in precedenza, è lui che ha introdotto per primo la letteratura straniera, giapponese e americana, all’interno della filosofia dello sport. Con il suo background e le sue risorse culturali, ha prodotto rilevanti temi di ricerca e un nuovo modo di pensare in relazione alla filosofia e al corpo in ambito sportivo. Dopo il suo pensionamento ha anche fondato la prima “Body Culture Society”di Taiwan, nel 2004, divenedone anche il primo presidente.

Tein-Mei Hu è invece il primo filosofo sportivo femminile che a Taiwan ha svolto un importante lavoro di dottorato sull’analisi della filosofia di Hyland, sollevando, tra le altre, molte questioni riguardanti le distinzioni di genere e di classe durante la sua inchiesta sulla filosofia dello sport.
Un ultimo importante contributo alla disciplina filosofica legata allo sport è quella di Simon Shih, professore alla National Taiwan Normal University e figura di rilievo all’interno del pensiero orientale contemporaneo. Scalatore e allenatore di pallacanestro di livello, il suo attuale e principale interesse ruota intorno alla filosofia dello Zen, lo sport e la spiritualità. Il suo lavoro di dottorato è basato su una vera esperienza di alpinismo in montagna. Il titolo è “Esperienza di incidente in montagna:Un’indagine dal punto di vista dello sport e della religione ” (山 難 運動 與 宗教 之 體驗). “Li-Hong Hsu

E’ interessante notare che in Cina la pratica delle arti marziali, in particolare non sia mai stata disgiunta dall’aspetto filosofico: molti tra i maestri di Tai Chi hanno citato all’interno delle loro opere versi di Laotze intessendo i loro scritti con lo spirito della filosofia taoista.
Il corpo non è mai stato visto come un’entità separata né dalla mente né dallo spirito e la pratica delle arti marziali doveva altresì perseguire fini etici.

Tenendo conto delle informazioni fornite dal professore Li-Hong Hsu si direbbe che l’interesse filosofico ed etico verso le pratiche del corpo fosse scomparso o rimasto nelle piccole nicchie dei praticanti delle arti interne.
E’ dunque confortante constatare oggi la fioritura di nuovi impulsi ad analisi approfondite che vadano ad indagare in modo più vasto le discipline corporee in una condivisione di saperi tra occidente, Cina e Taiwan.

S.S.R.

 Biografia
Intervista a Luca Gasparro ,Tra corpo e filosofia, naviganti tra le nuvole- Il Manifesto-online Articolo di
Michela Moioli , Sport e legalità on line
Ricerca di Li-Hong Hsu Accademia Edu on line, traduzione dall’inglese dell’autrice.
Lo sport come filosofia educativa e sociale Emanuele Isidori, Rivista internazionale di scienze umane e sociali. On line. Huizinga e l’homo ludens. Antropologia e gioco.Vincenzo Marino on line